Riceviamo da Giada Da Ros, Presidente Associazione ME/CFS italiana, e pubblichiamo:
Quanto segue è una traduzione/sintesi, fatta da me, dell’intervento di Alain Moreau in occasione del #CMRC2020, convegno tenutosi in Inghilterra lo scorso 10-11 marzo. Si è rivelato particolarmente interessante su due fronti: ideazione di un test per decostruire la PEM e raggruppare e identificare i pazienti; l’individuazione della trombospondina-1 come importante molecola nella patofisiologia della CFS/ME, in particolare per brainfog e intolleranza ortostatica.
Qui il link per vedere l’intervento completo: https://youtu.be/9nmkKLLJ4-0.
Giada
UN TEST STRESSORIO PER DECOSTRIORE LA PEM E INDIVIDUARE I PAZIENTI
Alan Moreau e il suo team hanno ideato un test di provocazione: si tratta di un test stressorio. Il motivo per cui questi test di provocazione sono importanti è perché i pazienti sono molto eterogenei e ci si chiede se nella CFS/ME si abbia a che fare con un gruppo unico, sottogruppi o con uno spettro.
Lo strumento utilizzato è una fascia gonfiabile, di quelle vendute per i massaggi: da 0 a 4 psi., da 0 a 0,2 bar. Fanno delle misurazioni sui pazienti prima, durante e dopo il test. Hanno notato dei cambiamenti a livello del sonno, anche della fase REM, che diminuisce del 10%. Non sanno ancora che rilevanza clinica abbia, ma continueranno a studiarlo.
Hanno ideato un approccio sperimentale:
Il primo giorno
- Viene somministrato un test ludico per misurare la neurocognizione con 3 rapidi esercizi che vengono poi svolti ogni giorno.
- Viene dato un giubetto smart che il paziente deve indossare obbligatoriamente tutta la notte.
- Fanno una raccolta delle urine mattutine e al primo incontro viene anche raccolta la saliva, usata per fare una metilazione del DNA.
Il giorno del test
viene somministrato il test di provocazione e vengono anche misurati i livelli di ossigeno (ossimetria) del cervello applicando due elettrodi frontali che convertono il segnale grazie a una tecnologia sviluppata da un’azienda italiana. Si raccolgono i dati alla baseline (linea di riferimento iniziale) e 90 minuti dopo la stimolazione.
Quello che ci si augura è di poter registrare delle variazioni nei successivi quattro giorni – idealmente non vogliono mandare nessuno all’ospedale, ma far peggiorare i pazienti per osservare e studiare il malessere post-sforzo, contando che poi i pazienti si riprendano. Si fanno vari prelievi per vedere se ci sono cambiamenti per diversi marcatori ematici.
È stato creato un diagramma di flusso di lavoro analitico sperimentale per l’identificazione di microRNA circolante nella ME/CFS. C’è stata una prima fase di scoperta che ha utilizzato la tecnologia Agilent e sono stati esaminati 32 microRNA differentemente espressi fra la baseline e le stimolazioni. Ora sono a metà della ricerca, e sono in una fase di validazione, dove usano qPCR (questo è uno strumento importante perché compatibile con quello dei laboratori diagnostici). Hanno individuato 11 microRNA che stanno usando, e 2 di questi erano già stati individuati in precedenti studi sulla CFS/ME.
In questo modo non solo si riescono a individuare i pazienti, ma si può anticipare quali paziente risponderanno a specifici trattamenti farmacologici e in che modo, e si possono fare studi specifici per un approccio più targettizzato. Ha fatto un esempio specifico mostrando come i microRNA possono far capire se uno, ad esempio, è probabile o meno che risponda all’Ampligen o al Viagra (usato come vasodilatatore per aumentare l’afflusso di sangue al cervello).
Attraverso una curva ROC, che tiene conto delle differenza fra i valori 90 minuti dopo lo stimolo meno quelli alla baseline, si ha un valore predittivo dell’80%. Se si facesse la stessa misurazione solo alla baseline, senza il test stressorio, si avrebbe un valore predittivo molto scarso (43%). Così invece, poi unito anche alle altre informazioni raccolte sul paziente, il valore predittivo raggiunge il 97%.
Moreau non dice di aver trovato il Graal, il test definitivo, ma è un procedimento che stanno raffinando e ritiene che siano sulla buona strada.
Utilizzando questo gruppo di 11 microRNA riescono a raggruppare i pazienti di CFS/ME, attraverso l’uso dell’algoritmo k-means. Insegnano alle macchine come selezionarli e le macchine individuano i gruppi, autonomamente, senza il loro intervento. È stato in questo modo possibile individuare diversi gruppi, con caratteristiche diverse (alcuni con più fatica, o PEM, o disturbi del sonno…). Stanno ora studiando varie alternative con diverse combinazioni di questi microRNA. È utile avere questi gruppi: se fossero tutti insieme, ci sarebbe “troppo rumore” e si rischierebbe di perdere segnali importanti.
TROMBOSPONDINA-1: UNA MOLECOLA COLLEGATA A BRAINFOG E INTOLLERANZA ORTOSTATICA
Usando lo stesso sistema di raggruppamento, usando i microRNA, hanno guardato a tutti gli altri possibili biomarcatori. In particolare hanno esaminato la trombospondina-1 (TSP-1), una citochina coinvolta in molte funzioni che in una persona sana dovrebbe normalmente avere un valore basso, e si sono viste variazioni nel plasma dopo una stimolazione di 90 minuti, comparata alla baseline. I vari gruppi di pazienti hanno avuto variazioni di TSP-1 differenti fra loro.
Quello che vediamo specificatamente è che una elevata TSP-1 sembra collegata alla brainfog dei pazienti. Il motivo è che è nota per essere anti-angiogenica, e quindi contribuisce alla vasocostrizione. E si è vista una enorme differenza. Normalmente una persona sana dovrebbe avere meno di 500 nanogrammi per millilitro di TSP-1. Fra di loro ci sono pazienti con più di 17.000 ng/ml. In una situazione del genere non vengono vasocostretti sono solo i vasi sanguigni piccoli, ma anche quelli grandi, e la predizione è che ci sia un alterato flusso sanguigno al cervello in quei pazienti. Per quello fanno l’ossimetria, per vedere le alterazioni di ossigenazione al cervello.
All’opposto, se si parte da una alta concentrazione di TSP-1 (come è il caso di altri gruppi di pazienti), e al’improvviso si ha un crollo, probabilmente questo risulta in intolleranza ortostatica. E alcuni di questi pazienti svilupperanno POTS, perché questa ipotensione indotta porterà a un incremento dalla frequenza cardiaca, come meccanismo di compensazione. Secondo lui, non hanno risolto l’intolleranza ortostatica, ma c’è una buona prospettiva: possono interagire con e bloccare uno dei recettori della TSP-1, in modo da alleviare i sintomi.
La TSP-1 può spiegare le variazioni della deformabilità dei globuli rossi riscontrata nei pazienti, perché interagisce con alcuni recettori di membrana – lavoreranno con il prof. Ron Davis per validare questa ipotesi.
Che cos’è che regola i livelli di trombospondina nel corpo? Primo l’iperglicemia, poi alti livelli di triptofano. Quindi allo stesso tempo stanno facendo il profilo genico delle mutazioni dell’IDO2, cosa che permette di collegare la TSP-1 all’ipotesi della trappola metabolica.
Hanno poi applicato una TSP-1 ricombinata purificata a una linea cellulare e hanno visto che ha anche un ruolo nel danneggiare la risposta immunitaria.