Da una parte mi sono meravigliato,dall'altro essere arretrati nella scienza Sanitaria+l'alimentazione made in Italy,ti piazza al 2°posto nel mondo,dopo il Giappone,quindi primo in Europa,stracciando letteralmente i risultati sulla salute degli Inglesi,che si arrabbiano nei nostri confronti.
Tra i profili per Paese pubblicati da The Lancet all’inizio di marzo c’è, naturalmente, anche quello dell’Italia (pdf 217 kb), che, forse a sorpresa, si colloca in ottima posizione per risultati di salute. Il nostro Paese è ancora al secondo posto come aspettativa di vita: primo tra le nazioni europee e superato solo dal Giappone a livello globale. Ancora più importante il fatto che la longevità (circa 81,5 anni) si accompagna a condizioni di salute buone, ovvero a periodi limitati di disabilità. I maggiori fattori di rischio restano quelli legati alle abitudini alimentari, all’ipertensione arteriosa e al fumo di tabacco. Quest’ultimo, come fumo passivo, pesa significativamente anche sulla salute in età pediatrica. Le cause principali di mortalità prematura continuano a essere le malattie cardio e cerebrovascolari e i tumori delle vie respiratorie. Buone notizie arrivano sul fronte della cirrosi, diminuita del 38% come fattore di morbilità dal 1990 al 2010.
I dati relativi al Regno Unito (pdf 217 kb), invece, mostrano un miglioramento degli esiti rispetto ai dati nazionali del 1990, ma con una progressione più lenta rispetto a quasi tutte le altre nazioni sviluppate. Come dire che gli inglesi si sono lasciati sorpassare e sono scivolati verso il basso nelle classifiche del GBD 2010. Se nello studio del 1990 si posizionavano al di sopra della media in 8 dei 30 gruppi di malattie, in quello del 2010 la loro superiorità si mantiene solo in 3. I dati del Regno Unito sono particolarmente insoddisfacenti per quanto riguarda la mortalità prematura (tra i 20 e i 54 anni) probabilmente gravata dall’abuso di alcol e dall’uso di stupefacenti.
Questi numeri hanno scatenato un certo dibattito nel Regno Unito e infatti sono stati ripresi con toni piuttosto critici sia da riviste scientifiche come il British Medical Journal e dallo stesso The Lancet, sia dai media, a partire dalla Bbc. La storica emittente nazionale, in particolare ha voluto approfondire il confronto con i dati italiani, chiedendosi a che cosa si debba uno scarto di circa 18 mesi nell’aspettativa di vita a vantaggio dell’Italia e riflettendo sul fatto che gli italiani fumano di più dei britannici (ma solo a partire dal 2006) e che per anni il nostro Sistema sanitario nazionale (Ssn) ha speso di più del National Health Service, Nhs (soltanto ultimamente si è invertito questo rapporto).
Il dividendo degli investimenti in prevenzione
«Oggi vediamo gli esiti di dinamiche non recentissime legate alla cosiddetta transizione epidemiologica che ha migliorato complessivamente le condizioni della vita in Italia. In particolare per quanto riguarda le abitudini alimentari», commenta Stefania Salmaso, direttore del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della Salute (Cnesps) dell’Istituto superiore di sanità. «A partire dagli anni ’60, la dieta degli italiani è notevolmente migliorata, arricchendosi di frutta e verdura fresca, pesce e diventando più varia. Inoltre, l’olio d’oliva è parte della tradizione alimentare della dieta mediterranea, mentre nella dieta britannica prevalgono i grassi di origine animale».
Anche le modalità del bere sono radicalmente diverse: in Italia domina ancora il consumo di vino ai pasti, nel Regno Unito si preferiscono, oltre alla birra, i superalcolici, e il binge drinking è una drammatica realtà. Ma su questo aspetto non ci si deve illudere: «Queste abitudini stanno cambiando rapidamente specie tra i giovani e rappresentano una minaccia per la salute pubblica con un possibile forte impatto in futuro», continua Salmaso.
«Un contributo importante alla salute degli italiani deriva anche dalle iniziative istituzionali di promozione di stili di vita salutari come Guadagnare Salute e di monitoraggio finalizzato alla programmazione degli interventi sanitari rappresentate dal sistema delle sorveglianze come OKkio alla Salute e Passi», puntualizza Stefania Salmaso. L’investimento in prevenzione da parte della nostra sanità pubblica degli ultimi anni sembra quindi pagare dividendi, a dispetto della crisi. Sarebbe veramente un peccato disperdere quegli sforzi.
Per chi legge bene l'Inglese,metto quì il PDF relativo ai risultati 1990-2010-dell'Italia,ripeto,non me li aspettavo.Romy