A cura di Paola Fantaguzzi
Pubblicato il 3 settembre 2012
Encefalomielite mialgica: malattia, non pigrizia
È come ritrovarsi all'improvviso con le batterie a terra, e non essere minimamente in grado di ricaricarle. La ME (Myalgic Encephalomyelitis appunto) è stata chiamata a lungo, in modo meno esatto ma di più immediata comprensione, Sindrome da Affaticamento Cronico (Chronic Fatigue Syndrome, CFS, detta anche Sindrome da Stanchezza Cronica) per gli effetti più evidenti che produce sulla vita quotidiana di chi ne soffre. Se infatti questa patologia debilitante comporta una gamma di sintomi multifattoriali, il più evidente (come fa appunto capire la definizione comunemente usata) è proprio una soglia di affaticamento bassissima anche a fronte di sforzi fisici e mentali minimi. Chi soffre di questa sindrome prova, cioè, un senso di spossatezza costante che non si riesce ad alleviare con il riposo, che si accentua dopo qualunque sforzo e che conduce, in tempi rapidi, a dover modificare radicalmente il proprio stile di vita.
Sintomi e numeri della malattia
A questo "svuotamento" fisico e mentale si aggiungono – e vengono considerati determinanti ai fini della diagnosi – almeno 4 dei seguenti sintomi persistenti per almeno 6 mesi (anche se, come si vedrà, su questo parametro temporale i pareri sono controversi):
- Disturbi della memoria e della concentrazione (tali da costringere a modificare le attività precedentemente svolte).
- Faringite.
- Dolori delle ghiandole linfonodali cervicali e ascellari.
- Cefalea di tipo diverso da quella eventualmente presente in passato.
- Sonno non ristoratore.
- Debolezza che perdura 24 ore dopo l'esercizio fisico.
Definizione e diagnosi. Un passo fondamentale – concordano ormai gli specialisti – è sostituire l'espressione di Sindrome da affaticamento Cronico con la definizione tecnica di Encefalomielite Mialgica. Il riferimento al termine generico di "fatica" ha infatti favorito a lungo, involontariamente, un equivoco di fondo sulla gravità della fisiopatologia, e un'ambiguità di approccio che il nome più scientifico aiuta invece a superare. Il punto di partenza deve essere, come hanno evidenziato i più recenti criteri discussi a livello internazionale, l'approccio multidisciplinare a una complessa patologia che implica contemporaneamente disregolazioni del sistema nervoso centrale, modificazioni del sistema immunitario, disfunzioni del metabolismo energetico cellulare e anomalie di tipo cardiovascolare. Sempre in base all'indirizzo diagnostico più attuale, andrebbe superato anche il criterio che impone la persistenza dei sintomi per almeno 6 mesi: limitare la diagnosi di ME a un fattore di tempo prolungato impedisce di individuare tempestivamente la patologia, di intervenire prontamente sui sintomi (limitandone quindi la gravità e il progredire) e di migliorare la conoscenza della patogenesi negli stadi iniziali. A questo proposito, se è vero che le cause scatenanti sono ancora sconosciute, gli studi stanno però facendo progressi e si orientano con approccio multi-disciplinare all'ambito infettivologico, immunologico, tossicologico e neurologico. Vengono abbinati aspetti genetici e ambientali, come intossicazioni chimiche, stress eccessivo e infezioni virali o batteriche. Alcuni studi hanno dimostrato l'attivazione anomala di diversi geni nei pazienti affetti da ME, con modifiche sull'attività del sistema immunitario e sulla produzione di energia. Si ipotizza quindi che la sindrome possa essere originata da una risposta immunitaria anomala a un'infezione o un'intossicazione. Recentemente un team di ricerca della Facoltà di Medicina dell'Università di Firenze ha pubblicato sulla rivista Medical Hypotheses un articolo in cui si mette in relazione l'insorgere della ME con l'esposizione al Cadmio, metallo pesante (e cancerogeno) molto presente nei paesi industrializzati. Allo stato, tuttavia, la diagnosi viene effettuata ancora per esclusione, con esami che tendono a "depennare" altre malattie come epatite B o C, forme tumorali, disturbi endocrini (ipotiroidismo o ipertiroidismo), apnea notturna e narcolessia, disordini immunitari, malattie al cuore e ai reni, infezioni croniche, alterazioni del sistema nervoso, disturbi depressivi maggiori.
Cura e trattamenti. Non essendo stata individuata con precisione una causa scatenante, per ora non esistono nemmeno farmaci specifici per la ME. La cura si basa essenzialmente sul controllo dei sintomi più invalidanti come il dolore osseo e muscolare, gli stati febbrili, l'eventuale depressione. In genere è consigliata una moderata esercitazione fisica, e può risultare molto utile anche la pratica dello yoga, sia per il lavoro muscolare e respiratorio che per gli effetti di rilassamento sull'intero organismo. Naturalmente ogni scelta va valutata in base alla soglia di dolore e di affaticamento, e comunque sempre in un attento bilanciamento tra riposo ed esercizio. Quanto alla prognosi, la patologia può perdurare per diversi anni così come regredire, spontaneamente o grazie ai trattamenti. Possono essere d'aiuto, e vanno discussi di volta in volta insieme ai medici di riferimento, anche approcci alternativi che migliorano la distensione e l'equilibrio del sistema immunitario. Dall'omeopatia alla digitopressione, fino all'agopuntura.